venerdì 23 aprile 2010

Scoperto il castello di Kafka: è Palazzo Rosso!


Leggendo la lunga lettera di Vincenzo Pasino, (ex) dirigente comunale “reo” non solo a suo dire del reato di “schiena dritta” di fronte alle pretese del potere politico che governa gli enti locali così come peraltro consessi più ampi, non può non venire in mente, almeno per chi lo abbia letto, il romanzo “Il Castello” di Kafka.

Nelle sue pagine viene narrata la vicenda di K, un tecnico chiamato con una lettera di nomina a ricoprire il ruolo di agrimensore in una sperduta regione governata da un “castello” i cui membri, tanto più lontani dalla gente quanto più vicini al cuore di un potere di cui non si capiscono né la finalità né il motivo, sembrano sordi alla sue buone ragioni, irresponsabili delle proprie azioni e, soprattutto, separati dal corpo dei cittadini (inerti e fatalisti nel romanzo...) da una inestricabile e insuperabile burocrazia costituita da esseri privilegiati.

La vicenda di Pasino, insomma, a distanza di anni e vista con equanimità, risulta veramente kafkiana e soprattutto fa poco onore al palazzo che regge le sorti politiche – e viene spontaneo dire solo quelle, per fortuna dei cittadini – della nostra città.

Sedici anni di strascichi legali che minacciano di non essere ancor chiusi, hanno comportato non solo un vulnus gravissimo nei confronti di una persona che da un giorno all’altro si è trovata privata senza ragioni inoppugnabili del posto di lavoro che aveva sino ad allora ricoperto con riconosciuta competenza, ma ledono altrettanto gravemente l’immagine della trasparenza del Comune di Alessandria che almeno in questa occasione, invece di essere quella casa di cristallo trasparente nelle sue azioni e nelle sue decisioni che dovrebbe essere, offre di sé l’immagine di un organismo volto ad una difesa che, senza tante parafrasi, potrebbe con termine attualissimo esser etichettata come “difesa di casta”e non è un caso se “casta” e “castello” hanno una radice semantica comune: i moderni castellani, esattamente come quelli medioevali, sembrano godere di uno “ius” del tutto diverso da quello dei cittadini, alla faccia di chi sogna di vedere in Italia i segni di un nuovo Rinascimento.

La morale che si erge con prepotenza nella lettera che ospitiamo, infatti, sembra esser proprio quella: la netta separazione fra le scelte politiche e quelle tecniche è saltata completamente e, con essa, i delicati equilibri immaginati dal legislatore fra equità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

Non sappiamo come andrà a finire la vicenda giudiziaria ed economica, anche se per quel che ci riguarda auspichiamo di poter rivedere Vincenzo Pasino inserito in quel ruolo al servizio dei cittadini che gli compete, ma quel che è certo è che alla collettività questa situazione kafkiana rischia di costare carissima senza che nessuno sia chiamato a pagare per i suoi errori.

Marco Vernazza

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